Il 25 Novembre in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, presso la Sala Convegni dell’ex Convento San Francesco (Sede del Dipartimento Jonico dell’Università degli Studi di Bari), si è tenuto un convegno di informazione sul tema del “femmicidio”. L’evento è stato organizzato dalla giornalista Mary Luppino, dall’educatrice professionale Marianeve Santoiemma e dal Prof. Riccardo Pagano (Responsabile del Corso “Donne, Politica e Istituzioni”), ed ha visto la partecipazione, come ospite della giornata di studi, della criminologa Dott.ssa Roberta Bruzzone, oltre che l’intervento di rappresentanti di associazioni, istituzioni e numerose figure professionali, offrendo alla platea dei partecipanti un momento di riflessione e di confronto.
Il tema di fondo del convegno è stato, appunto, il femminicidio, da contrastare attraverso l’instaurazione, nella società in cui viviamo, della cultura del rispetto e della parità di genere, ma soprattutto restituendo alle donne la loro dignità. Il femminicidio altro non è se non l’atto finale della violenza, fisica o psicologica, perpetuata a danno delle donne da parte di uomini, in maggior numero mariti o compagni, che hanno uno scarso, se non nullo, rispetto e considerazione della figura della donna. Vi è bisogno, in primis, di smantellare lo stereotipo dell’uomo che prevarica e possiede la donna, che ne svilisce l’identità e individualità, in modo da non intervenire esclusivamente con le norme che inaspriscono le pene, ma instaurando una forma di prevenzione attraverso la cultura del rispetto del genere femminile e della parità tra i due sessi.
Lo scorso ottobre è stato convertito in Legge il Decreto 93/2013, che disciplina l’aggravante del femmincidio nel reato di omicidio volontario. L’intento del legislatore, tuttavia, è stato incentrato esclusivamente nella repressione del fenomeno, rappresentando la donna come soggetto debole da tutelare, una vittima indifesa. Questa interpretazione è la dimostrazione di una vacillante volontà del nostro paese, che non affronta in maniera adeguata la situazione e non dà un reale contributo alle vittime, predisponendo gli strumenti per affrontare e superare le violenze. La tutela non si deve tramutare in vittimizzazione. La violenza è una conseguenza del modo di vivere e di pensare, il vero cambiamento, invece, deve essere quello culturale.
Il rispetto della donna deve essere una consapevolezza insita nella società, ma soprattutto estesa ad ogni livello. Spesso assistiamo a violenze su donne che non denunciano il loro maltrattatore, perché inconsapevoli di essere portatrici di dignità e diritti. Non dobbiamo però pensare che la violenza sulle donne sia una prerogativa delle fasce più deboli o povere, poiché la violenza non conosce limiti economici o di classe sociale. Non vi è alcuna giustificazione dinanzi ad una aggressione ed ogni volta che tolleriamo o ignoriamo forme di violenza, ci rendiamo complici.
Attraverso questi appuntamenti, o l’approfondimento di questo tema nelle trasmissioni televisive, si spera di arrivare a sensibilizzare quanta più gente possibile. Nella maggior parte dei casi, grazie a questi incontri, le vittime riescono a trovare il coraggio di denunciare il loro aggressore o per lo meno parlarne con chi possa aiutarle. Quasi mai si riesce a raggiungere il maltrattatore, perché chi ha commesso violenze o omicidi è convinto di aver agito avendo ragione, nel punire la donna per le sue condotte. Effettivamente questa tipologia di soggetti è particolarmente difficile da “toccare” in termini positivi, ossia innescando una riflessione o portandoli in qualche modo a mettere in discussione il loro modello di riferimento.
Bisogna sovvertire quindi la cultura che giustifica le forme di predominazione di genere, attraverso il dialogo e la conoscenza tra i sessi, perché il fenomeno della violenza sulle donne esiste da secoli e non ha mai visto una reale risoluzione, anche in società “emancipate” come la nostra, dove stridono i dati sulla disoccupazione femminile, sulle pari opportunità mai raggiunte e sulla mancanza di determinati diritti da parte del genere femminile. Si necessita di una presa di coscienza, di consapevolezza dell’esistenza di queste disparità e l’assunzione di responsabilità per risolvere il prima possibile il problema.
Flavia Russo