“Se non mi sbaglio sta venerdì la riunione del Consorzio. Fatti vedere venerdì”. È il 10 ottobre 2014. La squadra mobile di Taranto intercetta questo colloquio tra il noto boss Orlando D’Oronzo e un suo consulente e avvia subito una specifica attività di pedinamento per il giorno indicato dagli interlocutori. “In esito alla quale, proprio in data 11 aprile 2014 si notava sopraggiungere Orlando D’Oronzo, in compagnia del figlio Cosimo e del “consulente” Micelli Salvatore (che non è indagato) presso la sede di Confindustria dove si intratteneva per circa due ore”. Questo ed altri particolari inquietanti emergono dalla lettura dell’ordinanza firmata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Alcide Maritati, nell’ambito delle indagini sulla mala tarantina condotte dalla Procura Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. Il procedimento in questione è quello denominato “Alias due”, troncone successivo dell’operazione che nei mesi scorsi ha portato in carcere 52 persone, gettando ombre lunghe e sospetti di collusioni su pezzi importanti del potere politico e imprenditoriale locale. Come si ricorderà, lo stesso Procuratore capo della Dda, Cataldo Motta, durante la conferenza stampa seguita a quegli arresti, censurò pesantemente l’operato della Giunta comunale di Taranto.
Ora, a margine della seconda trance dell’inchiesta antimafia scattata qualche giorno fa (in cui il Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata [GICO] della Guardia di Finanza di Lecce ha sequestrato complessivamente beni per quattro milioni di euro a carico di alcuni indagati) nella bufera mediatica sembra essere finita la locale associazione degli industriali. Nelle carte dell’inchiesta, infatti, c’è un intero capitolo che fa riferimento all’esistenza di un consorzio di imprese, “Iperconsorzio Multiservizi Taranto”. A questo proposito, nell’ordinanza si legge che “le indagini rivelavano (…) come il boss Orlando D’Oronzo si fosse fatto promotore della costituzione di un consorzio di imprese, attraverso il quale procedere all’aggiudicazione di appalti e servizi presso le Pubbliche Amministrazioni”. Non solo. Secondo la Procura Antimafia “nelle mire imprenditoriali del D’Oronzo per il tramite del citato Consorzio, vi era senz’altro l’ aggiudicazione dei lavori di rifacimento del porto mercantile di Taranto”. La prova, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe in una conversazione telefonica tra il “consulente” vicino a D’Oronzo ed un altro interlocutore: “sono stato ad una riunione in Confindustria per un Consorzio di cui facciamo parte, per entrare al porto a lavorare”, dice. E, ancora secondo i giudici, “ad ulteriore conferma che la gestione del consorzio è direttamente curata da Orlando D’Oronzo vi è poi una conversazione telefonica tra lo stesso e un amico titolare di un’azienda di trasporti e movimento terra”. In questa intercettazione il boss racconta: “madonna mia, abbiamo fatto un’assemblea ultimamente, venerdì scorso, e poi mi devono dare certi moduli a me, mi devo fare un giro per fare nuove adesioni”. E aggiunge, “perché le cose, si stanno muovendo proprio non bene, benissimo”.
Il modulo di cui D’Oronzo parla nella telefonata intercettata è quello per aderire all’Iperconsorzio Multiservizi Taranto, Società Consortile a responsabilità limitata. Nel modulo, facilmente reperibile anche in rete, si legge che: “l’iniziativa, avviata nel febbraio 2014, è stata realizzata sotto l’egida di Confindustria Taranto in favore esclusivo delle imprese di Taranto e provincia, per assicurare la ricaduta economica, sociale ed occupazionale sul territorio jonico, anche grazie agli accordi di programma territoriale”. Un consorzio di imprese nato “affinché la committenza (Eni, Ilva, Porto, Enti Pubblici, ecc.), a parità di requisiti e garanzie, riconosca la priorità alle imprese locali”. Cioè : “l’appalto locale dovrà essere appannaggio delle imprese di Taranto e della sua Provincia”, viene specificato nel modulo. Il quale contiene, oltre alle condizioni di adesione (chi si associa dovrà – se e quando possibile – operare attraverso il consorzio, poiché il patto consortile è quello di creare un Contraente Unico che promuove e rappresenta l’associato verso la committenza, tutelandolo contro la concorrenza sleale spesso estranea al territorio) un vero e proprio appello: “per concretizzare questa opportunità e sfruttare le potenzialità del mercato territoriale, è necessario essere in tanti e tutti uniti”.
Un megaconsorzio. Gigantesco. Come lo è l’oggetto sociale d’impresa, ramificato potenzialmente dalla logistica, alla distribuzione di merci di qualsiasi natura, con particolare specializzazione per i prodotti petroliferi, chimici, siderurgici. Dal movimento terra e al trasporto e gestione di rifiuti anche speciali, alla possibilità che il consorzio possa gestire autoporti, interporti e scali intermodali. Tutti servizi e attività su cui potenzialmente possono annidarsi le mire di uno o dell’altro clan.