La giovinezza è il profumo fresco dei fiori appena raccolti, la magia di un tramonto all’ orizzonte, la follia di anni felici e spensierati. La giovinezza è il calore di un primo bacio, l’eleganza delle corde tese di un violino e l’esasperato bisogno di far esplodere la propria vitalità.
E in una città malinconica come questa rintracciare la naturalezza e la spensieratezza è davvero un’utopia per chi ha perso la capacità di amare ed apprezzare le piccole cose.
Passeggio a testa china per le vie del centro, un pomeriggio come tanti, tra i rumori del traffico e il bisbigliare frenetico della gente indaffarata. Percepisco, in lontananza, il suono dolce di una melodia classica, la delicatezza delle corde pizzicate di un violino. L’orecchio e l’istinto non mi tradiscono: la sinfonia sovrasta i rumori incessanti della città grigia e caotica, diffondendosi nelle vie come un fiume in piena.
Un quartetto d’archi, un quartetto di felicità: sono “Gli sviolinati”.
Le gote arrossiscono, il cuore batte a ritmo di musica. Sui loro volti sorrisi brillanti, emozionati e compiaciuti. Tutt’intorno i passanti increduli, si soffermano meravigliati.
Ad accompagnarli anche Imma, un’altra componente del gruppo, che suona il pianoforte e l’oboe. E’ la più grande anagraficamente; gli altri hanno un’età compresa tra i 15 e i 19 anni.
Quella ventata di freschezza mi stravolge e mi affascina quando decido di rincontrarli, in un uggioso pomeriggio autunnale. La delicatezza dei volti, timidi ed addolciti dalla tenera età, si contrappone alla caparbietà e alla profondità delle riflessioni che decidono di esternare.
“Suono dall’età di due anni e mezzo”- così Marco esordisce timidamente, senza alcuna pretesa di compiacermi. “La musica è come l’acqua, un bene comune”. “Che male c’è a suonarla per le strade?”- afferma Carla con il suo taglio ribelle, senza alcuna esitazione. “Siamo un gruppo di artisti «itineranti»; siamo studenti dell’Istituto Musicale «Paisiello», ma riteniamo che la musica, come qualsiasi altra forma d’arte, non debba essere un privilegio di pochi, di una cerchia ristretta di amanti ed esperti”- mi confida Marco gustando il suo caffè caldo, convinto delle proprie ragioni
Ad Anna brillano gli occhi. Suona il suo violino da 9 anni. E’ lei a sussurrarmi con voce fioca ma sicura di sé che la loro capacità è quella di saper “giocare” con la musica classica. “Sappiamo stravolgerla, arrangiarla, prenderla in giro”. Continua dicendo: “Siamo autodidatti; cerchiamo di ricostruire i brani famosi, anche pop, riadattandoli alle nostre tendenze e peculiarità”.
La musica, come qualsiasi altra forma d’arte, è espressione del corpo, del cuore e della mente. Marco addirittura dice di aver imparato a scrivere e leggere attraverso la lettura assidua e costante delle note musicali. “Il mio maestro scriveva la nota musicale e mi impartiva il compito di riscriverla ripetutamente, riempiendo pagine e pagine di fogli bianchi, proprio come si fa a scuola”.
Imma suona il pianoforte e l’oboe, ha delle bellissime dita allungate e sottili; dolce in viso, mi descrive a cuore aperto il sogno nel cassetto che questo gruppo di giovani musicisti romantici ha intenzione di concretizzare. “Vogliamo intraprendere un tour nelle piazze più importanti ed affollate della regione, vogliamo trasmettere un messaggio di cambiamento e di felicità”. Si, perché l’appropriarsi di luoghi pubblici – piazze, centri affollati o periferie – per poter fare cultura dovrebbe essere uno degli obiettivi principali di una città come Taranto che, all’arte e alle ricchezze umane e cognitive, continua a prediligere un’idea di sviluppo e di benessere illusoria e distruttiva.
Il Paisiello, come ogni anno, annuncia l’allarme di una possibile chiusura a causa della scarsità dei fondi destinati alla sua sopravvivenza. Tutti i conservatori d’Italia sono di natura statale, questo invece è amministrato dalla Provincia. “Senza fondi l’istituto non può rendere quanto dovrebbe”, osserva Carla preoccupata. “Il conservatorio è un luogo colmo di vitalità e creatività; ci sono ottimi insegnanti ed è molto semplice creare e fare aggregazione: siamo quasi una grande famiglia”. Quasi come un coro gospel, affermano entusiasti i componenti del gruppo.
“Se i talenti fossero valorizzati, Taranto sarebbe una grande città e non ci sarebbe il bisogno di andar via”. Marco mi lascia senza fiato e mi induce a credere che questa realtà pretende di esser raccontata da un’altra prospettiva. Che esistono tanti altri cuori e talenti solitari che attendono esclusivamente una semplice possibilità: quella di potersi raccontare. Di una cosa sono convinta: occorre iniziare a concepire l’esistenza in maniera differente, cercando ad esempio di camminare per strada senza chinare la testa. Un violino o un pianoforte potrebbe stravolgerti positivamente l’intera giornata.