Ecco che arriva, fresca ma facilmente prevedibile, la notizia della sinergia, che non possiamo che immaginare costruttiva, tra le Amministrazioni Comunali di Matera, neo-eletta Capitale Europea della Cultura 2019, e Lecce: il sindaco del capoluogo salentino, Paolo Perrone (FI) ha incontrato il primo cittadino di Matera, Salvatore Adduce (PD), per parlare di una collaborazione al progetto, felicemente sintetizzata con l’immagine della targa di un’automobile che reca la scritta «MT 2019 LE». Le intenzioni appaiono più che chiare e anche da Bari arrivano significative aperture.
Nel nostro ultimo editoriale sulla questione abbiamo fatto presente, in questo collegamento tra Matera e Lecce – e prima ancora che esso venisse ufficializzato – la necessità per Taranto di farsi largo in questa opportunità sfruttando innanzitutto la propria posizione geografica. Le intenzioni dei due sindaci dei capoluoghi culturali del Meridione d’Italia, oggi, permettono di dar forza a una riflessione sul ruolo che la città di Taranto potrebbe svolgere nel 2019.
Un ruolo, innanzitutto, di raccordo se si è pronti ad accettare – mettendo da parte il campanilismo – un’iniziale posizione di subalternità rispetto a realtà che, meritatamente, raccolgono i frutti di decenni di lavoro portato avanti, innanzitutto, dalle Amministrazioni locali. A Taranto non manca la materia prima, ovvero gli operatori culturali sinceramente motivati, le competenze e i siti da valorizzare. Tuttavia, se si continua a parlare, ad esempio, di aeroporto, ecco che viene meno proprio l’idea di sinergia con le realtà territoriali limitrofe, che ne hanno fatto tranquillamente senza (Lecce dipende dall’aeroporto di Brindisi e Matera non ha la stazione ferroviaria!) e sono esplose dal punto di vista culturale e turistico facendo perno su altro.
Questo “altro” è stato la lungimiranza dei Comuni a investire nel ramo della cultura e dell’assetto urbano della città: rigenerazione del territorio, restauri di immobili, valorizzazione del proprio passato attraverso ciò che la storia ha restituito sono state le carte vincenti che, assieme al coinvolgimento di esperti nel settore del rilancio territoriale e progettisti che hanno già avuto modo di partecipare e vincere bandi europei, hanno portato Lecce e Matera ad essere indiscussi centri culturali e poli turistici attrattivi nel Sud Italia. Insomma, un investimento di soldi, tanti soldi, perchè le politiche culturali ne richiedono parecchi e, se ben congegnate, riescono anche a dare ottimi risultati come nei casi presi in esame.
A Taranto, invece, accade l’esatto contrario: si pretende che lo sviluppo culturale debba essere “dal basso” – e quindi meramente volontario e non retribuito – lasciando alla mercé dell’improvvisazione la maggior parte dell’iniziativa in questi ambiti. L’Amministrazione, affetta da una decennale miopia quando si parla di futuro, non incentiva l’iniziativa dei gruppi di operatori che, investendoci tempo e risorse (generalmente proprie), tentano di tenere vivo, e con grande fatica, ciò che resta di questa città in piena decadenza: è stato il caso, ad esempio, del Comitato che si è fatto carico della candidatura di Taranto a Capitale Europea della Cultura 2019. Degli spazi negati – su cui si è efficacemente espresso, in un’ottica innanzitutto di recupero dal punto di vista architettonico, anche il Presidente dell’Ordine degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori della Provincia di Taranto, Massimo Prontera – abbiamo già parlato; così come dei progetti di rilancio turistico campati in aria ai quali, tuttavia, viene data più credibilità del dovuto.
La necessità che si presenta oggi, se non si vuole restare totalmente tagliati fuori dagli itinerari culturali e turistici, è quella di un progetto a lungo termine che faccia delle politiche culturali l’asse portante per il rilancio cittadino. Esse non possono prescindere da un’Università di qualità – e non intendiamo la costituzione di un’Università di Taranto con le stesse facoltà che si trovano in tutte le città d’Italia, ma di un Polo Jonico sul quale innestare materie di competenza territoriale specifiche che possano costituire un centro attrattivo per gli studenti interessati a certe discipline e che dovrebbero iscriversi certi di trovare una formazione di alto livello – e dal coinvolgimento degli operatori culturali qualificati – che hanno studiato e sanno come si progetta, ad esempio, un itinerario turistico, come si gestisce un gruppo di visitatori, conoscono le lingue e la storia, insomma cose che dovrebbero essere ovvie e, in questa città, non lo sono. Chiaramente, l’impegno dell’Amministrazione dovrebbe essere votato a garantire a queste persone un reddito, in maniera che possano dedicarsi al proprio mestiere per quello che è: appunto, un lavoro. Sarebbe bello vedere i ragazzi che si occupano delle aperture straordinarie di monumenti e aree archeologiche – ad esempio, Santa Maria della Giustizia da parte dell’Archeoclub – poter vivere del proprio lavoro e non essere costretti a farlo restare un hobby.
Questioni già esposte, continuamente su questo veicolo d’informazione, ma anche pubblicamente – e in tempi non sospetti – da diverse realtà della nostra città. Si segnalano, in particolare, l’appello esteso dall’associazione culturale “Le Sciaje” il 3 giugno 2013, il documento del circolo Peppino Impastato di Rifondazione Comunista – presentato pubblicamente il 18 luglio dello stesso anno -, la lettera aperta inoltrata il 23 dicembre all’allora ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray, da un nutrito gruppo di operatori culturali locali riunitisi per l’occasione sotto il nome di “Giovane Taranto Antica”. Il recupero di spazi dismessi da affidare alle associazioni culturali – si veda la bella iniziativa OffTopic per la realizzazione di una sala studio nell’ambito delle Officine Tarantine, nei Baraccamenti Cattolica – l’idea di rilancio dell’offerta turistica attraverso itinerari (archeologici, palazzi nobiliari, artistici, sacri, civiltà rupestri, castello) con l’istituzione di una Pinacoteca Civica, magari di una mediateca fornita, eventi come festival e mostre di ampio respiro sono gli assi portanti sui quali far viaggiare il rilancio di Taranto; inoltre, il potenziamento di servizi, anche di navetta per collegare la città ai principali aeroporti di Puglia – ciò che sta già predisponendo, ad esempio, Bari – di ricezione dei turisti, di ristorazione. Tante le necessità, ma il Comune, in quanto istituzione, deve metterci del suo!
L’appello è quello a considerare che una città priva di politiche culturali è una città destinata all’ignoranza e a non avere una classe dirigente con una capacità analitica e una lungimiranza tali da evitarle il baratro nel quale, lentamente ma inesorabilmente, sta sprofondando. Al di là di ogni idea di sviluppo sostenibile di un territorio, la Taranto che ci viene consegnata dalle generazioni che precedono la nostra è una realtà consumata nelle proprie radici e nella propria storia, malata sotto il profilo ambientale e frustrata sotto quello occupazionale.
In tal senso le forze propulsive sul territorio devono far sentire la propria voce, possibilmente al’unisono, – i tentativi singoli sono già stati fatti e sono caduti nel vuoto per via dei particolarismi e protagonismi che imputridiscono il clima di questa città– tentando di sdoganarsi dall’idea che cultura e politica non possano viaggiare sullo stesso binario, perché il risultato di questa concezione è esattamente quello che abbiamo davanti agli occhi. Se politica vuol dire amministrazione della città è ora di prendersi le proprie responsabilità innanzitutto di cittadini leggendo in maniera critica – e non, dunque, giudicandole a priori – le proposte che provengono dalle varie parti, per creare una piattaforma comune che abbia come obbiettivo primario e imprescindibile il rilancio urbano-architettonico-culturale della città.
È dunque fondamentale un momento di incontro tra operatori culturali, associazioni e professionisti della cultura (archeologi, storici dell’arte, architetti, urbanisti) per lanciare la nuova sfida per Taranto, l’unica che, se vinta, le permetterebbe di non soccombere sotto l’egida di Matera, Lecce e Bari.
Altrimenti l’immagine che avremo costantemente negli occhi nel 2019 sarà quella delle automobili che sfrecciano sul Punta Penna per andare incontro al primo imbocco della Brindisi-Lecce.
A ricordarci quanto siamo rimasti, colpevolmente, indietro.