Abbiamo intervistato Argyris Panagopoulos, portavoce di Syriza in Italia e giornalista greco, a Taranto per la chiusura della campagna elettorale per le regionali in Puglia.
La Grecia è sul filo del rasoio. Il governo Tsipras è schiacciato dalla pressione esterna dei creditori e da quella interna della popolazione, che vuole vedere realizzate le promesse elettorali. Cosa pensa di fare Syriza per uscire da questa impasse?
Io penso che sul filo del rasoio ci siano l’Europa e la Germania, perché se le cose andranno male, andranno male per tutti. Tsipras non è schiacciato dalla pressione dei creditori e ancor meno da quella popolazione. Per i sondaggi elettorali pubblicati la settimana scorsa, la propensione di voto per Syriza è del 47%: significa che in quasi 4 mesi di governo la popolarità e la soddisfazione della gente è cresciuta di 10 punti percentuali circa.
Al contrario, per quello che abbiamo fatto in Grecia – non parlo di idee, parlo di cose che sono state realmente attuate – sono aumentate la popolarità e la fiducia della gente nel nostro governo di sinistra. Non abbiamo solo un alleggerito gli effetti della crisi, ma abbiamo attuato un cambiamento molto importante; abbiamo iniziato ad assumere di nuovo tanta gente licenziata ingiustamente, abbiamo iniziato a smantellare delle leggi neoliberiste mostruose: avevamo una legge molto simile al vostro Jobs Act e possiamo dirvi con certezza che da noi non ha creato nessun posto di lavoro ma che, anzi, ha distrutto molte persone. Ne stiamo discutendo una nuova, che approveremo molto presto.
Abbiamo rafforzato la scuola pubblica e proprio due giorni fa abbiamo riassunto 2400 insegnanti nella scuola pubblica. Questo è quello che fa un governo di sinistra; la gente lo capisce e ci sostiene perché vede che la qualità della vita è migliorata da quando ci siamo noi in Grecia.
Evidentemente la Grecia da sola non può farcela a realizzare un cambiamento nelle politiche economiche europee. Il governo Tsipras ha trovato solidarietà concreta da parte degli altri governi dell’Unione?
Abbiamo pensato dall’inizio di fare un’operazione molto aperta. Siamo andati al Parlamento Europeo e volevamo parlare con tutti i gruppi progressisti, con i Verdi Europei soprattutto. Ma abbiamo parlato anche con i socialisti: abbiamo avuto un colloquio con Pittella del PD, per esempio.
Però abbiamo avuto anche una grandissima delusione soprattutto dal governo francese e da quello italiano, perché anche se si sono mostrati interessati alle nostre posizioni, poi di fatto si sono appiattiti sulle tesi più oltranziste e neoliberiste di Merkel e Schäuble. A noi dispiace vedere dei governi progressisti che portano avanti delle politiche neoliberiste anche perché va contro l’interesse dei loro stessi popoli. Del resto se si continua ad agire contro la Grecia e ci schiacciano, sarà difficile per loro alzare la testa per uscire da questa austerità distruttiva.
Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, il Sinn Fein in Irlanda. Nei cosiddetti PIIGS sembra che il malessere sociale prodotto dalle politiche di austerità abbia dato nuova linfa alle forze di sinistra. L’Italia sembra fare eccezione. Che idea si è fatto della Sinistra italiana?
A dire il vero i veri PIIGS, i veri maiali sono gli altri! Questi che hanno distrutto il tessuto sociale dei Paesi del sud Europa e non solo, anche in Irlanda e nella stessa Germania.
Peccato… In Italia c’è una grande tradizione di sinistra e ci sono tante persone valide, molte impegnate a livello politico e nella solidarietà. Però non c’è una connessione tra queste persone, ognuno guarda il proprio orticello, si parla molto del particolare; questi vizi vanno affrontati. In Grecia abbiamo deciso di unirci sulle cose che ci accomunano, lasciando perdere quelle che ci dividevano. Questa ricetta per noi ha funzionato, però non esistono delle ricette che valgono per tutti.
Bisogna pensare al modo migliore per la sinistra per essere utile per il popolo italiano, cercando di costruire qualcosa di unitario e pluralista.
Sento anche dire spesso che la sinistra ha bisogno di un leader, ma io credo che ci siano tanti leader, ci sono tante persone che si impegnano: non credo proprio che possa essere questo il problema. I gruppi dirigenti vengono dalle lotte, o queste cose si pensano e si fanno con la partecipazione della gente, come è stato fatto in Spagna, oppure sarà molto difficile ripartire.
Siamo in un’onda molto buona, dobbiamo approfittare della crisi per ricompattare la sinistra e opporci al neoliberismo, bisogna lavorare per trasformare le maggioranze sociali in maggioranze politiche, come dice Podemos.
Ha deciso di concludere la campagna elettorale a Taranto: un bel segnale di solidarietà ideale fra popoli accomunati da antiche radici, ma anche da una profonda crisi nei tempi più recenti. Per quello che ha potuto vedere, come ha trovato la nostra città?
È la seconda volta che passo a Taranto in pochi mesi, perché avevo intervistato dei compagni della FIOM-CGIL e so molto bene cosa succede.
La vostra città è una bella città con un bruttissimo ambiente per colpa della macelleria sociale che hanno provocato: non possono mettere il coltello alla gola alla gente dicendo o il lavoro o il cancro – e a volte nemmeno il lavoro, visto che si parla di chiudere la fabbrica.
Taranto è un esempio di quello che è successo in tutto il sud Europa: si è distrutto tutto il tessuto produttivo e questa deindustrializzazione è inaccettabile.
Bisogna ridisegnare il nostro futuro in una economia ecosostenibile che produca per i bisogni della gente. Taranto potrebbe avere un grande futuro ma solo se si potranno fare degli investimenti pubblici. “Pubblico” è una parola che stanno cercando di cancellare da tutti i dizionari europei. Bisogna unirci a livello europeo per vincere questa battaglia ed è per questo che come Syriza abbiamo voluto fortemente che si creasse e si portasse avanti il progetto de L’Altra Europa con Tsipras.