Pubblichiamo il testo dell’intervento dell’ing. Biagio De Marzo al convegno “Ilva. Salute e Lavoro: una sfida da vincere”, tenutosi lo scorso 4 novembre a Taranto.
INTRODUZIONE
L’insieme degli innumerevoli decreti legge emanati negli ultimi tre anni sull’Ilva di Taranto dimostra come sia stato disatteso l’aureo metodo di Luigi Einaudi “Conoscere per deliberare”.
Sottovalutazione delle enormi difficoltà? Insufficienza di “antenne” sul sito e sul territorio? Supponenza? Mancanza di ascolto? Troppa fretta? Eppure, da almeno un decennio, il volontariato tarantino produce documenti pieni di analisi, denunce e proposte sulla drammatica situazione dell’Ilva. Potranno almeno servire per illuminare le ottenebrate responsabilità istituzionali e politiche del disastro Ilva, cosa, ahimè, da lasciare alla ricerca storica, come si sostiene, perché oggi la priorità è contribuire a vincere la sfida di salvare salute e lavoro in Ilva.
Ho riflettuto con amici e con ex dirigenti e quadri della Italsider pubblica sulle vicende Ilva dell’ultimo anno e ho scritto la nota “L’Ilva oggi: cosa fare?” Essa è molto corposa: spazia anche su aspetti fondamentali ma ignorati o sottovalutati dai decisori politici ed aziendali e sconosciuti alla gran parte dell’opinione pubblica. In essa sono prospettate anche attività concrete e ipotesi inedite.
Con il tempo a disposizione è impossibile discuterla questa sera, ma chi fosse interessato potrà leggerla a breve su La Gazzetta del Mezzogiorno/La Gazzetta di Taranto.
Come contributo immediato a “una sfida da vincere”, illustrerò, integrandolo, l’appello già rivolto ai commissari di Ilva SpA in amministrazione straordinaria, per far fare la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS) di Ilva Taranto, assolutamente necessaria, indifferibile e preliminare per qualunque progetto di “Nuova Ilva” e per evitare spreco di risorse e di tempo.
SITUAZIONE DI STALLO SU ILVA
A quasi quattro anni dall’inizio del dramma, l’Ilva Taranto è in una situazione di stallo. Tutto è cominciato con l’indagine giudiziaria “Ambiente svenduto” per i morti e gli ammalati attribuiti all’inquinamento prodotto dallo stabilimento, secondo le perizie dell’incidente probatorio di gennaio/marzo 2012, pochi mesi dopo il rilascio all’Ilva della AIA del 4.8.2011, contestato immediatamente solo da Altamarea, Ail, Libera, Italia Nostra, Impatto Zero ed altre associazioni di Taranto. E’ seguito un accavallarsi di attività giudiziarie, decreti legislativi, leggi e sentenze della Corte Costituzionale che, ad oggi e nei fatti, non hanno risolto il conflitto fra diritto alla salute e diritto al lavoro.
Di qua c’è il Governo che sta tentando di tenere in vita lo stabilimento per il suo valore strategico nazionale ma soprattutto, è mia convinzione, per salvare 20.000 posti di lavoro la cui perdita sarebbe esplosiva (basti pensare a cosa sta succedendo a Taranto per la perdita di alcune centinaia di lavoratori di Isola verde, Marcegaglia ed Evergreen-TCT, per non parlare delle situazioni di crisi di Arsenale MM, Teleperformance, Cementir, mitilicoltura ed altro).
Di là c’è un’agguerrita opinione pubblica che spinge su Magistratura e Istituzioni europee per far chiudere definitivamente lo stabilimento, proponendo immaginifiche soluzioni per i 20.000 lavoratori senza più lavoro.
AVVICENDAMENTO DI VERTICI E DI STRATEGIE AZIENDALI
In questi anni è stato frequente l’avvicendarsi di vertici aziendali e management operativo, senza il necessario apporto di specifiche competenze siderurgiche. Eppure, troppe realtà industriali in Italia sono collassate perché la dirigenza adottava strategie basate prevalentemente (quando non esclusivamente) su elementi economico-finanziari, trascurando le cause profonde e remote dei guai. Gli attuali commissari straordinari e il loro entourage sono proiettati sugli enormi problemi economico-finanziari dell’azienda, ma sembrano sottovalutare gli aspetti industriali e gli effetti sanitari, entrambi fondamentali per la sopravvivenza del siderurgico di Taranto. In più, la stringata comunicazione aziendale e l’insufficiente trasparenza dei conti economici suscitano sconcerto..
CONSAPEVOLEZZA CIVICA DEL RISCHIO SANITARIO E SUA VALUTAZIONE
La strategia globale di Ilva, per essere rigorosa ed efficace, dovrebbe essere elaborata partendo dal punto centrale del problema: la radicata consapevolezza nella cittadinanza del “rischio sanitario” connesso con l’esercizio dello stabilimento. E’ indispensabile, quindi, che si stimi e si sappia subito, prima di spendere enormi quantità di risorse e di tempo, quale potrà essere il rischio sanitario residuo, nelle varie ipotesi di assetto impiantistico, e stabilire quale può essere accettabile. A questo fine, è di grande utilità l’innovativa Valutazione di Impatto Integrato Ambientale e Sanitario (VIIAS), basata sul “Risk assessment”, procedura utilizzata da decenni in USA dall’EPA – Environmental Protection Agency proprio per definire la nocività delle emissioni industriali. Le linee guida per l’applicazione in Italia della VIIAS sono state approvate mesi fa.
Il Consiglio comunale di Taranto, avvertita l’importanza della VIIAS, nella seduta del 26 giugno 2015 ha votato all’unanimità un ordine del giorno per l’immediata applicazione della VIIAS all’Ilva di Taranto da parte di ARPA Puglia. Tale applicazione, però, sarebbe impedita dal decreto interministeriale Balduzzi – Clini del 24 aprile 2013 che vieterebbe ad ARPA Puglia di operare in tal senso. Nel decreto si stabilisce, infatti, che la valutazione del rischio sanitario avvenga “attraverso il riesame dell’AIA”, cioè a prescrizioni AIA eseguite, cosa che contraddice l’obiettivo fondamentale della valutazione stessa, cioè “indirizzare le azioni volte a mitigare il danno sanitario e ambientale”. In tal modo, solo a interventi AIA realizzati si saprebbe se i provvedimenti stabiliti nell’AIA erano appropriati o no. La VIIAS, invece, può fornire elementi significativi e a preventivo sulla efficacia o meno, nell’ottica del rischio sanitario, dei provvedimenti inseriti nell’AIA di modo che le Istituzioni pubbliche, responsabili e legittimate, sarebbero nelle condizioni di assumere le decisioni più giuste ed adeguate. E’ urgentissimo, quindi, fare la VIIAS di Ilva Taranto in varie ipotesi di assetto dello stabilimento: per il caso dello stabilimento ad AIA attuale completamente realizzata, al massimo della produzione realizzata in passato, per differenti livelli di produzione annua e per differenti, possibili assetti tecnici ed impiantistici. Le effettive scelte tecnico-impiantistiche, la diversa quantità e qualità di produzione ed altro non potranno che allinearsi alle conclusioni della VIIAS.
I COMMISSARI DI ILVA RICHIEDANO LA VIIAS
Alla luce di tutto ciò, nelle more dei necessari ma lunghi adeguamenti normativi ed operativi sulla VIIAS e per non procedere al buio, con il rischio concreto di sprecare risorse e tempo, ritengo che l’unico modo affinché ARPA Puglia possa fare la VIIAS di Ilva Taranto, superando il decreto Balduzzi – Clini, è che a chiederla sia la stessa Ilva, cioè i suoi tre commissari straordinari, con l’ovvio beneplacito delle Autorità interessate, nazionali, regionali e comunali.
LA VIIAS SERVE SUBITO ANCHE PER L’INTERVENTO SIMBOLO
Nel recente convegno del Partito Democratico, i parlamentari presenti hanno raccomandato al commissario straordinario la realizzazione di interventi che per la cittadinanza hanno il valore di simbolo, primo tra tutti la copertura dei parchi primari. E’ un cavallo di battaglia che personalmente cavalco da anni. Si è sicuri che la più valida soluzione impiantistica sia il mostruoso capannone di cui si sente parlare? E soprattutto, si è sicuri che alla “nuova Ilva” servano 60 ettari di parchi primari coperti? Il capannone in questione sarebbe alto quanto un fabbricato di 25 piani su un’area grande quanto 40 campi di calcio dotato, presumibilmente, di enormi impianti di depolverazione secondaria per la salvaguardia dei lavoratori addetti; insomma, un prototipo assoluto estremamente complicato, paesaggisticamente indigeribile e dai costi di realizzazione verosimilmente enormi. Sono possibili altre soluzioni?
Il carbonile della centrale ENEL di Cerano -Brindisi creava problemi analoghi a quelli dei parchi primari dell’Ilva di Taranto; l’ENEL l’ha coperto con “Dome” (Cupole). Si tratta di un impianto completamente coperto e automatizzato, dalla banchina del porto alla centrale, innovativo ed efficiente come quelli realizzati in Corea ed altre parti del mondo. Qualche anno prima che scoppiasse “Ambiente svenduto”, una “manina” anonima riuscì a far annullare la visita all’ENEL di Brindisi, da me organizzata in accordo con il Sindaco Stefàno e il presidente Florido, per conoscere bene il progetto di copertura del carbonile e per fare in modo che fosse adeguatamente replicato a Taranto dall’Ilva.
Continuo a non rassegnarmi all’idea che non ci sia alcuna possibilità di mutuare su Taranto la positiva esperienza di Brindisi, sia pure su scala diversa ma comunque fattibile e alla lunga economicamente conveniente rispetto al suddetto capannone monstre. I “Dome” realizzati a Brindisi, ne mostro alcune foto, sono il tipo di provvedimenti impiantistici idonei per un’Ilva che duri e funzioni bene per i prossimi venti/trenta anni. Presupposto ineludibile, però, è che per la “nuova Ilva” di domani ci sia, oggi, la risposta sul rischio sanitario residuo: non fare subito la VIIAS ed andare avanti con i lavori comunque, alla cieca, si rischia uno spreco enorme di risorse e di tempi.
CONCLUSIONE
Non fare immediatamente la VIIAS per le varie ipotesi di assetto dello stabilimento significa eludere il punto centrale della vicenda Ilva, cioè la necessità di definire la sostenibilità ambientale e sanitaria dello stabilimento, che non può essere esclusa ideologicamente sulla base di una insensata opzione zero (“si chiude e basta”). A seguire dovrà venire l’indispensabile sostenibilità economica, con le adeguate ristrutturazioni impiantistiche ed innovazioni sulla qualità delle produzioni.
Ho motivo di ritenere di non essere il solo a pensare che il siderurgico di Taranto debba “rimanere in vita senza ammazzare la gente”, come sostiene il presidente Emiliano. Sta ai commissari, rispondendo anche alla propria coscienza, fare la prima mossa verso ARPA Puglia.
Biagio De Marzo