Tutto ha inizio nell’aprile del 2014, quando, per il circolo (H)astarci di Trani, ho presentato il libro di Sara Pavan, Il potere sovversivo della carta. Dieci anni di fumetto autoprodotto in Italia (Agenzia X, 2014): dodici interviste che costituiscono un viaggio attraverso la storia del fumetto indipendente in Italia dei primi dieci anni del 2000. Tra le dodici interviste c’è quella ad Alessandro Baronciani.
Sono andata in libreria ed ho ordinato Le ragazze nello studio di Munari (Edizioni Black Velvet, 2010). Un libro straordinario, il cui protagonista, Fabio, un libraio col bel ciuffo, ha una passione per Munari e tre ragazze contemporaneamente. Un percorso a ritroso nella sua storia, nella sua vita sentimentale, parlando contemporaneamente della sua passione per l’artista. Munari non è semplicemente citato ma ritorna costantemente (il lettore interagisce come nei “libri illeggibili” che Munari realizzò nel 1949).
Ho continuato a seguire il Baronciani illustratore e quando nel 2014 è uscito il suo catalogo I quit girls (Modo & Co, 2014), e ho capito che dovevamo incontrarci. I quit girls, libro di sole ragazze e anche di ragazze sole, si intitola come una canzone dei Japandroids. La ragazza sola sono io. I suoi disegni in bianco e nero comunicano libertà; il suo tratto morbido mi regala serenità e non so perché non ho la sensazione di essere in uno spazio definito: più osservo i suoi disegni e più lo spazio non esiste; non ci sono limiti, non ci sono confini, nulla delimita la profondità in cui mi immergo.
Nel frattempo cambiano un paio di cose nella mia vita e incontro un gruppo di pazzi più pazzi di me che alla mia proposta: “invitiamo Alessandro Baronciani?” rispondono: “perché no?”. Parte così la mia attività di pressing per portare Alessandro al Laboratorio Urbano di Palagiano.
Quello che volevamo era dare la possibilità anche a chi non è nato in città come Bologna o Milano di confrontarsi con chi ha cominciato autoproducendo i propri fumetti – quando ancora non c’era internet e soprattutto fotocopiando, spillando e inviando a casa dei suoi lettori le storie a fumetti.
A giugno poi è uscito La Distanza (BAOpublishing, 2015), scritto con il cantautore siracusano Colapesce. Il protagonista è Nicola, un ragazzo indeciso sulla propria vita e profondamente insicuro del futuro. La storia è una via di mezzo tra la nostalgia e il ricordo. C’è la distanza che rovina sempre le cose. È un viaggio in Sicilia (un viaggio che Colapesce e Baronciani hanno fatto davvero per poterlo riportare con parole e immagini). Poi c’è la musica e ci sono le donne (come ha detto Colapesce: “Baronciani è il maestro indiscusso, come le disegna lui, nessuno in Italia”): Charlotte e Francesca, che sono le compagne di viaggio di Nicola; e c’è una terza donna, distante. Il perfetto uso del colore e della luce e l’uso magistrale delle parole sanno raccontare l’estate e la Sicilia, con il gusto amaro di quel che sarà di noi alla fine dell’estate.
Il risultato è perfettamente riuscito. Io ho realizzato un sogno (un po’ post adolescenziale, lo riconosco), ma abbiamo aperto una possibilità dando ad alcuni giovani della Provincia l’occasione per avere un confronto con un vero maestro che non si è risparmiato: critiche e suggerimenti, nuovi spunti su cui riflettere e riuscire a fare la differenza. Ha guardato i loro lavori dedicando a ciascuno tutto il tempo di cui aveva bisogno. Ma non solo: ha dedicato a tutti una parola, un sorriso, un disegno e il firma copie si è trasformato in un momento d’arte. E poi il suo carisma. Ha stregato il pubblico venuto per ascoltarlo, magari scoprirlo per la prima volta. È un fiume in piena di storie e di racconti – ci racconta il suo percorso, partendo dagli esordi. il perché ha lasciato il mondo della pubblicità per il mondo dell’illustrazione e dei fumetti autoprodotti e come poi ha utilizzato le tecniche di marketing per lanciare i suoi libri, come e perché è nata Una storia a fumetti (Edizioni Black Velvet, 2008) e di come le sue storie sono diventate le storie dei suoi lettori. Anche le mie.
C’è una cosa di questo tipo di fumetto da evidenziare: le storie che racconta sono le nostre storie, quello che accade a noi trentenni ogni giorno, che sia il lavoro, l’amore o l’esistenza in generale, noi e le nostre crisi interiori. Noi che, come Fabio e Nicola, combattiamo con la paura di crescere, con la paura di rimanere sempre uguali, un po’ come cantavano gli Afterhours in Non è per sempre.